L’accertamento della paternità consente, attraverso l’esame nel figlio di alcune porzioni di DNA di derivazione materna, di stabilire se l’altra metà delle porzioni omologhe, ereditate dal vero padre, sia o meno compatibile con quelle dell’uomo indicato come possibile padre. Se non vi è alcuna compatibilità si realizza un’esclusione di paternità, se invece vi è piena compatibilità, a seconda del numero di porzioni di DNA, o loci genetici, analizzate (non meno di 10-15), si otterranno valori di probabilità, talora estremamente elevati, che non lasciano dubbi in merito alla reale paternità biologica di un soggetto.

Nella pratica la prima operazione è quella di confrontare, al medesimo locus genetico, la dimensione dei frammenti di DNA presenti nel figlio con quelli presenti nella madre per identificare quelli con la stessa dimensione. I frammenti rimanenti, ossia quelli non di derivazione materna, nel figlio, potranno ora essere confrontati con quelli posseduti dal soggetto indicato come padre. In caso di esclusione di paternità essi avranno dimensioni diverse da quelli osservati nel soggetto indicato come possibile padre; se viceversa hanno la stessa dimensione per tutti i loci genetici analizzati non sarà possibile escluderlo come possibile padre biologico. E questa compatibilità verrà trasformata, con calcolo statistico, in valore di probabilità di paternità.
Vedi anche la voce Risultati.

“Due sono i possibili risultati
di un test di paternità: esclusione certa
o paternità praticamente provata
(quando il risultato del test superi il 99,8%)”

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